dr. Elio Franco

Piede Diabetico

Il diabete è una malattia cronica che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Tra le molte complicanze che possono derivare dal diabete, il piede diabetico è una delle più gravi. Questa condizione può portare a infezioni, ulcerazioni e, nei casi più gravi, all’amputazione. Capire il piede diabetico e come prevenirlo è cruciale per chi vive con il diabete.

Che Cos’è il Piede Diabetico?

Il piede diabetico si riferisce a una serie di problemi che possono colpire i piedi delle persone con diabete. Questi problemi derivano principalmente da due complicanze del diabete: la neuropatia diabetica e la malattia vascolare periferica.

  1. Neuropatia Diabetica: Il diabete può danneggiare i nervi, specialmente quelli delle estremità inferiori. Questo danno ai nervi, noto come neuropatia diabetica, può causare perdita di sensibilità nei piedi. Di conseguenza, una persona può non accorgersi di piccoli tagli, piaghe o lesioni che possono infettarsi facilmente.
  2. Malattia Vascolare Periferica: Il diabete può anche causare restringimento e indurimento delle arterie che portano il sangue ai piedi. Questo riduce l’apporto di ossigeno e nutrienti, rallentando la guarigione delle ferite e aumentando il rischio di infezioni.

Sintomi e Segni del Piede Diabetico

I sintomi del piede diabetico possono variare, ma i segni comuni includono:

  • Ulcerazioni o piaghe aperte che non guariscono.
  • Pelle secca e screpolata.
  • Infezioni della pelle e dei tessuti molli.
  • Cambiamenti nella forma del piede.
  • Arrossamento, gonfiore e calore nella zona colpita.
  • Dolore o sensibilità ridotta nei piedi.

Prevenzione del Piede Diabetico

La prevenzione è essenziale per ridurre il rischio di complicazioni gravi. Ecco alcune misure preventive chiave:

  1. Controllo del Glicemia: Mantenere i livelli di zucchero nel sangue entro i limiti consigliati aiuta a prevenire danni ai nervi e ai vasi sanguigni.
  2. Ispezione Quotidiana dei Piedi: Le persone con diabete dovrebbero controllare i propri piedi ogni giorno per individuare tagli, piaghe, arrossamenti o gonfiori.
  3. Igiene e Cura della Pelle: Lavare e asciugare accuratamente i piedi ogni giorno, applicare creme idratanti per prevenire la secchezza e tagliare le unghie con attenzione.
  4. Scarpe Adatte: Indossare scarpe ben aderenti e comode per evitare vesciche e altri traumi ai piedi. È consigliabile consultare un podologo per scarpe e plantari adeguati.
  5. Visite Regolari dal Medico: Consultare regolarmente un medico o un podologo per esami dei piedi e per monitorare la salute generale.

Trattamento del Piede Diabetico

Il trattamento del piede diabetico varia a seconda della gravità della condizione. Le opzioni di trattamento possono includere:

  • Cure delle Ferite: Pulizia delle ulcere e delle ferite, applicazione di medicazioni adeguate e rimozione dei tessuti morti o infetti (debridement).
  • Antibiotici: In caso di infezioni, possono essere prescritti antibiotici per combattere i batteri.
  • Interventi Chirurgici: Nei casi gravi, potrebbe essere necessario un intervento chirurgico per rimuovere il tessuto infetto o necrotico. In casi estremi, potrebbe essere necessaria l’amputazione.

Conclusione

Il piede diabetico è una complicanza seria del diabete che richiede attenzione e cura costante. La prevenzione è fondamentale e può fare la differenza tra una vita sana e la necessità di interventi medici complessi. Per chi vive con il diabete, mantenere un controllo rigoroso dei livelli di zucchero nel sangue, ispezionare regolarmente i piedi e seguire le raccomandazioni mediche sono passi essenziali per prevenire questa condizione debilitante.

PATOLOGIA STENO-OSTRUTTIVA DELLA CAROTIDE

PATOLOGIA STENO-OSTRUTTIVA DELLA CAROTIDE
La stenosi carotidea è un restringimento del lume vasale della arteria carotide.
E’ una patologia che interessa i vasi sanguigni che portano il sangue al cervello (carotide interna).

La causa più frequente della stenosi carotidea è rappresentata dalla aterosclerosi, che colpisce di preferenza i vasi di medio e grosso calibro. L’aterosclerosi si caratterizza per la comparsa nel lume arterioso di una placca chiamata ateroma.

L’insorgenza dell’ateroma è dovuto a:

  • fumo
  • ipertensione arteriosa
  • diabete
  • ipercolesterolemia
  • familiarità

Per quel che concerne l’arteria carotide, la sede più frequente di formazione della placca aterosclerotica è la biforcazione, laddove l’arteria carotide comune si divide in arteria carotide interna (che irrora il cervello) ed arteria carotide esterna (che irrora la faccia).

La stenosi cosiddetta emodinamica (restringimento superiore al 70%) e l’occlusione della carotide interna possono essere del tutto asintomatiche; si suppone per il buon compenso emodinamico, a livello cerebrale, sostenuto dalla arteria carotide interna controlaterale e dalle arterie vertebrali (anch’esse deputate alla perfusione cerebrale).

I sintomi dovuti ad una stenosi della carotide interna consistono nel TIA (attacco ischemico transitorio) e nello stroke o ictus ischemico che comporta la paresi o emiplegia.

La diagnosi viene posta sulla base dei sintomi o sulla prevenzione di persone a rischio ictus.

La prevenzione va effettuata in individui con età pari o superiore ai 45-50 anni che siano fumatori, che abbiano l’ipertensione arteriosa, il diabete, l’ipercolesterolemia od una familiarità nota per ictus o infarto.

L’esame strumentale che permette una corretta diagnosi, in mani esperte, è l’Ecocolordoppler; nei casi in cui la biforcazione carotidea sia molto alta o la placca aterosclerotica si di difficile individuazione, si effettua una Angio TAC oppure una Angio RMN ( Risonanza Magnetica Nucleare ).

Il trattamento della stenosi carotidea è chirurgico solo se la percentuale del restringimento del lume è superiore al 70%, anche in pazienti asintomatici.

Il trattamento può essere:

  • endovascolare
  • chirurgico


Il trattamento endovascolare consiste nell’effettuare una Angioplastica (PTA) con posizionamento di uno stent metallico della arteria carotide interna, attraverso un catetere che viene introdotto dalla arteria femorale; con questa metodica la placca aterosclerotica viene schiacciata alle pareti del vaso.

Immagine angiografica di Stenosi della Carotide Interna ed Intervento-Procedura di Angioplastica (PTA) e Stentig per Stenosi della Carotide Interna per puntura della arteria femorale.

Visualizzazione di posizionamento di Stent ed Angioplastica.

Pallone e Stent per trattamento endovascolare di stenosi carotidea.


Le complicanze legate alla procedura endovascolare possono essere manifestarsi con uno stroke o un ictus ischemico, con un TIA o con la morte.

L’ictus ischemico si presenta (in mani esperte) con una percentuale che va dal 2 al 6 %; la mortalità è pari al 3-4 %. La restenosi, cioè un nuovo restringimento della arteria, si manifesta nel 10-12 % dei casi.

Il trattamento chirurgico della stenosi carotidea consiste nel rimuovere la placca aterosclerotica dalle pareti della biforcazione e della carotide interna ricostruendo il calibro normale del lume vasale con una incisione chirurgica al collo della lunghezza di 5 centimetri circa; tale procedura prende il nome di “Endoarteriectomia carotidea”.

Intervento chirurgico di Endoarteriectomia per Stenosi della Carotide Interna e ricostruzione con un patch e con una sutura diretta.

Le complicanze legate all’intervento chirurgico, in mani esperte, sono pari all’1-2 %, dovute per lo più a lesioni dei nervi cranici (nervo laringeo, nervo ipoglosso) ed a ischemia cerebrale. La restenosi si presenta nell’1-2 % dei casi.

Nella casistica personale le complicanze legate all’intervento chirurgico di Endoarteriectomia carotidea sono molto vicine allo zero, anche se in chiurgia complicanza zero non esiste.

Il trattamento di una stenosi carotidea, sia eseguito con PTA e Stent che con intervento chirurgico, è una procedura di prevenzione e non di cura dell’ischemia cerebrale, per cui da parte dell’operatore devono essere usate tutte le misure di prevenzione con meticolosità, affinchè non vi siano complicanze legate alla procedura.

PATOLOGIA STENO-OSTRUTTIVA DELLA ARTERIA VERTEBRALE

PATOLOGIA STENO-OSTRUTTIVA DELLA ARTERIA VERTEBRALE

PATOLOGIA STENO-OSTRUTTIVA DELLA ARTERIA VERTEBRALE
L’insufficienza vertebro-basilare (I.V.B.) è una sindrome caratterizzata per lo più da vertigini, nausea, vomito, diplopia e da disturbi dell’andatura, come instabilità posizionale e durante la marcia.

E’ dovuta ad una patologia del circolo posteriore cerebrale, dato principalmente da steno-ostruzione delle arterie vertebrali, che originano dalle arterie succlavie ed attraverso i forami vertebrale cervicali si riuniscono alla base del cranio dando origine al tronco basilare e al circolo di Willis.

Anatomia delle arterie vertebrali

Il flusso sanguigno nelle arterie vertebrali può essere influenzato da due fattori:

  • intrinseci
  • estrinseci

I fattori intrinseci sono dati dalla patologia aterosclerotica, caratterizzata dalla formazione di una placca chiamata ateroma, che si localizza all’origine della arteria vertebrale.

L’insorgenza dell’ateroma è dovuto a:

  • fumo
  • ipertensione arteriosa
  • diabete
  • ipercolesterolemia
  • familiarità

Stenosi delle arterie vertebrali alla loro origine

I fattori estrinseci sono dati da compressione della arteria vertebrale, dovuti ad alterazioni del rachide cervicale e più precisamente ad alterazioni dei forami intratrasversari in cui passa l’arteria vertebrale.

L’ insufficienza vertebro-basilare risponde schematicamente a due fattori :

  • meccanismo tromboembolico
  • meccanismo emodinamico

Il meccanismo tromboembolico determina una embolia a livello del circolo vertebrale, con conseguenze neurologiche variabili, che vanno dalla ischemia transitoria alla ischemia conclamata.
Le cause possono essere dovute a patologia cardiaca, a patologia aterosclerotica dell’arco della aorta, a patologia stenosante all’origine della arteria vertebrale, a trombofilia.

Il meccanismo emodinamico, che è il più frequente, instaura una diminuzione di flusso a valle della lesione, per cui si viene a stabilire il quadro clinico e di conseguenza sintomalogico della vera insufficienza vertebro-basilare (vertigini con nausea e/o vomito, diplopia, instabilità posturale).

Anastomosi sotto-occipitali tra le branche muscolari dell’arteria occipitale, dell’arteria vertebrale e della arteria cervicale ascendente

L’esame strumentale che permette una corretta diagnosi, in mani esperte, è l’Ecocolordoppler; nei casi in cui è necessario avere una corretta patologia ed una corretta anatomia delle arterie vertebrali e del circolo basilare, si effettua una Angio TAC oppure una Angio RMN ( Risonanza Magnetica Nucleare ).

Il trattamento della insufficienza vertebro-basilare da stenosi e da compressione estrinseca della arteria vertebrale è chirurgica.

La rivascolarizzazione della arteria vertebrale, in caso di stenosi alla sua origine, viene eseguita con intervento chirurgico di “Reimpianto della Arteria Vertebrale sulla Carotide Comune”.

Reimpianto diretto della arteria vertebrale nella carotide comune

La rivascolarizzazione della arteria vertebrale, da compressione estrinseca del rachide cervicale, viene eseguita con intervento chirurgico di “By-pass carotido-vertebrale distale in vena safena autologa”.

By-pass carotido-vertebrale distale

I risultati del trattamento chirurgico di rivascolarizzazione della arteria vertebrale sono eccezionali, con risultati clinici che cambiano la vita dei pazienti; pazienti che prima della rivascolarizzazione non riescono a tenere neanche la posizione eretta, ma che dopo la rivascolarizzazione della arteria vertebrale e dopo riabilitazione fisioterapica riprendono una vita normale.
Questi risultati si ottengono solo con le giuste indicazioni chirurgiche, vale a dire che bisogna dapprima diagnosticare la vera insufficienza vertebro-basilare da steno-ostruzione della arteria vertebrale e poi trattarla con la rivascolarizzazione.

PATOLOGIA ANEURISMATICA DELLA AORTA TORACICA

PATOLOGIA ANEURISMATICA DELLA AORTA TORACICA
L’Aneurisma della Aorta Toracica (AAT) è una dilatazione della aorta toracica che viene considerata patologica quando il suo diametro è pari ad almeno 2 volte quello normale.
Il diametro normale della aorta toracica varia da 2,5 a 3,5 centimetri.

Aorta toracica con calibro normale

Aorta toracica aneurismatica

La malattia colpisce dopo i 50 anni persone che presentano fattori di rischio per la patologia aterosclerotica, quali il fumo, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia, o che hanno familiarità per tale patologia. Sono colpiti gli uomini rispetto alle donne con una incidenza 4 a 1.

E’ una patologia prevalentemente asintomatica che viene diagnosticata quasi sempre in seguito ad un esame diagnostico del torace (Ecocardiografia, TAC, Risonanza Magnetica, etc.) effettuato per altri motivi. In alcuni casi si può presentare con dolore toracico o retrosternale, difficoltà respiratorie e/o di deglutizione, alterazioni della voce; altre volte può manifestare una complicanza come la embolia agli arti inferiori o ai visceri addominali, oppure in caso di rottura si può associare a shock.

Le indagini diagnostiche per definire la patologia aneurismatica della aorta toracica sono:

  • Rx torace
  • Ecocardiogramma
  • Angio TAC
  • Angio Risonanza Magnetica

L’evoluzione naturale dell’Aneurisma è la rottura.

Il trattamento dell’Aneurisma della Aorta Toracica è chirurgico. Si interviene quando raggiunge e supera i 5,0-5,5 cm di diametro.
Esistono due tipologie di intervento:

1) Trattamento chirurgico aperto (open) o tradizionale: si sostituisce l’aneurisma con un innesto di protesi sintetica attraverso una incisione toracotomica sinistra.

Sostituzione chirurgica di aneurisma dell’aorta toracica con protesi

Le complicanze legate all’intervento chirugico open eseguito in elezione sono:

  • Mortalità: 5-8 %
  • Insufficienza respiratoria : 4-5 %
  • Infarto del miocardio: 2-3%

E’ fondamentale, per ridurre al minimo e per proteggere il paziente da queste complicanze, eseguire una preparazione pre-operatoria la più completa possibile, che consiste nell’effettuare uno screenning completo.
Va eseguito innanzitutto un esame coronarografico: nell’esperienza personale il 40-45% di pazienti portatori di Aneurisma della Aorta Toracica presentano una o più lesioni stenosanti e/o occlusive delle coronarie che necessitano, preventivamente all’intervento per l’Aneurisma, di una Angioplastica o di un intervento chirurgico di By-pass aorto-coronarico.

Una preparazione respiratoria servirà a ridurre i rischi di insufficienza respiratoria nel post-operatorio.
L’intervento chirurgico di sostituzione protesica dell’Aneurisma è completo e definitivo ed esclude completamente la patologia.
I controlli con Angio TAC vanno effettuati a distanza di 3-5 anni dall’intervento chirurgico.

2) Trattamento chirurgico endovascolare: si introduce attraverso l’arteria femorale o iliaca una endoprotesi che va ad escludere l’aneurisma con una incisione inguinale.

Esclusione di aneurisma dell’aorta toracica con endoprotesi

Le complicanze legate all’intervento chirurgico endovascolare sono:

  • Mortalità: 3-5%
  • Infarto del miocardio: 1,5-2%
  • Insufficienza renale: 3-4%
  • Endoleak: 10-20%

L’endoleak è la persistenza di sangue all’interno del lume aneurismatico nonostante la presenza di una protesi il cui fine è proprio quello di escludere l’aneurisma stesso dal circolo sanguigno.
Le diverse cause fanno classificare l’endoleak in più tipi:

  1. separazione tra endoprotesi e sistema vascolare nativo.
  2. flusso retrogrado nell’aneurisma da branche arteriose collaterali.
  3. Idifetti di fabbrica, disconnessione, disintegrazione.
  4. stillicidio attraverso la porosità del graft.
  5. non è visibile endoleak, ma si è in presenza di continua espansione dell’aneurisma.

Il paziente sottoposto a questo trattamento necessita di un controllo clinico e strumentale stretto, con Ecocolordoppler transesofageo e/o con Angio TAC da effettuarsi almeno ogni anno.

Il trattamento chirurgico di scelta per questa patologia è senza dubbio il trattamento chirurgico di “Esclusione con endoprotesi”, considerata la più alta morbilità e mortalità legata all’intervento chirurgico di sostituzione protesica a torace aperto.

PATOLOGIA ANEURISMATICA DELLA AORTA ADDOMINALE

PATOLOGIA ANEURISMATICA DELLA AORTA ADDOMINALE
L’Aneurisma della Aorta Addominale (AAA) è una dilatazione della aorta addominale che viene considerata patologica quando il suo diametro è pari ad almeno 2 volte quello normale.
Il diametro normale della aorta addominale varia da 1,8 a 2,8 centimetri.

La malattia colpisce dopo i 50 anni persone che presentano fattori di rischio per la patologia aterosclerotica, quali il fumo, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia o che hanno familiarità per tale patologia. Sono più colpiti gli uomini rispetto alle donne con una incidenza 4 a 1.

E’ una patologia prevalentemente asintomatica che viene diagnosticata quasi sempre in seguito ad un esame strumentale dell’addome (Ecografia, TAC, Risonanza Magnetica, etc.) effettuato per altri motivi. In alcuni casi si può presentare con dolori addominali e/o lombari; altre volte può manifestare una complicanza come la embolia agli arti inferiori o in caso di rottura si può associare a shock.

Le indagini strumentali per definire la patologia aneurismatica della aorta addominale sono:

  • Ecodoppler
  • Angio TAC
  • Angio Risonanza Magnetica
  • Angiografia


L’evoluzione naturale dell’Aneurisma è la rottura. Se la rottura avviene anteriormente o lateralmente all’aorta le possibilità che il paziente possa arrivare vivo, per lo stato di shock che viene a presentarsi, in ambiente ospedaliero è molto bassa e la possibilità di sopravvivere è del 10% circa; se invece la rottura avviene sulla parete posteriore dell’aorta, il contatto con la colonna vertebrale tampona l’emorragia e la possibilità che il paziente possa sopravvivere è del 30-40%.
Il trattamento dell’Aneurisma della Aorta Addominale è chirurgico. Si interviene quando raggiunge e supera i 4,5-5,0 cm di diametro.

Esistono due tipologie di intervento:
1) Trattamento chirurgico aperto (open) o tradizionale: si sostituisce l’aneurisma con un innesto di protesi sintetica attraverso una incisione addominale.
Aneurisma Aorta Addominale sottorenale trattato mediante intervento chirurgico aperto con sostituzione (innesto) di protesi sintetica

Aneurisma Aorta Addominale sottorenale trattato mediante intervento chirurgico aperto con sostituzione (innesto) di protesi sintetica.

Le complicanze legate all’intervento chirugico open eseguito in elezione sono:

  • Mortalità: 3-5 %
  • Insufficienza renale: 1-2%
  • Insufficienza respiratoria : 1-2%
  • Ischemia intestinale: 1-2%
  • Infarto del miocardio: 2-3%


E’ fondamentale, per ridurre al minimo e per proteggere il paziente da queste complicanze, eseguire una preparazione pre-operatoria la più completa possibile, che consiste nell’effettuare uno screenning completo.
Va eseguito innanzitutto un esame coronarografico: nell’esperienza personale il 60-65% di pazienti portatori di Aneurisma della Aorta Addominale presentano una o più lesioni stenosanti e/o occlusive delle coronarie che necessitano, preventivamente all’intervento di Aneurisma, di una Angioplastica o di un intervento chirurgico di By-pass aorto-coronarico.

Una preparazione respiratoria ed una preparazione renale serviranno a ridurre i rischi di insufficienza respiratoria e renale nel post-operatorio.
L’intervento chirurgico di sostituzione protesica dell’Aneurisma è completo e definitivo ed esclude completamente la patologia.
I controlli con Ecodopppler vanno effettuati a distanza di 3-5 anni dall’intervento chirurgico; l’Angio TAC viene eseguita, a seconda dei casi, a 3 o 5 anni.

2) Trattamento chirurgico endovascolare: si introduce attraverso l’arteria femorale o iliaca una endoprotesi che va ad escludere l’aneurisma con una incisione inguinale.
Aneurisma Aorta Addominale sottorenale trattato mediante intervento chirurgico endovascolare con introduzione di Endoprotesi con Stent

Aneurisma Aorta Addominale sottorenale trattato mediante intervento chirurgico endovascolare con introduzione di Endoprotesi con Stent.

Le complicanze legate all’intervento chirurgico endovascolare sono:

  • Mortalità: 3-5%
  • Infarto del miocardio: 1,5-2%
  • Insufficienza renale: 3-4%
  • Endoleak: 10-20%

L’endoleak è la persistenza di sangue all’interno del lume aneurismatico nonostante la presenza di una protesi il cui fine è proprio quello di escludere l’aneurisma stesso dal circolo sanguigno.

Le diverse cause fanno classificare l’endoleak in più tipi:

  1. separazione tra endoprotesi e sistema vascolare nativo.
  2. flusso retrogrado nell’aneurisma da branche arteriose collaterali.
  3. difetti di fabbrica, disconnessione, disintegrazione.
  4. stillicidio attraverso la porosità del graft.
  5. non è visibile endoleak, ma si è in presenza di continua espansione dell’aneurisma.

Il paziente sottoposto a questo trattamento necessita di un controllo clinico e strumentale stretto, con Ecocolordoppler da effettuarsi almeno ogni sei mesi.

L’utilizzo non corretto di questa procedura chirurgica, nata per trattare quei pazienti che sottoposti ad un intervento chirurgico tradizionale non lo avrebbero superato, adattata negli ultimi anni sempre più alla maggior parte dei casi di Aneurisma della Aorta Addominale, ha fatto si che oggi ci troviamo ad affrontare la chirurgia delle complicanze delle Endoprotesi, legate soprattutto alla disconnessione e alla dislocazione, con rischi di complicanze per il paziente molto più elevate rispetto al trattamento chirurgico tradizionale applicato in prima istanza.

La scelta del trattamento da eseguire in caso di Aneurisma della Aorta Addominale va fatta in base alle condizioni generali del paziente, all’età, alle eventuali patologie associate ed alla situazione morfologica dell’Aneurisma. Ma soprattutto va spiegato al paziente i rischi ed i benefici dell’una o dell’altra tecnica.